Il Jetting
Abbiamo parlato di spunding, fermentazioni in pressione, contropressione, abbiamo persino rivolto uno sguardo alle realtà industriali. Vi ho poi lasciato un video all’imbottigliamento in contropressione di una mia birra e, ancor prima, un video in trasferta da ROVIDbeer quando entrambi, ancora giovani ed inesperti, cercavamo di capirci qualcosa. Insomma, ormai abbiamo detto tutto il dicibile e vi ho guidato su tutto il guidabile.
Non abbiamo però parlato di Jetting, la parte finale dell’imbottigliamento in contropressione. Molto importante quanto migliorativa, essa è una pratica tanto semplice nella teoria quanto nell’esecuzione.
L’ossigeno in bottiglia, il nostro nemico
Per prima cosa ripetiamo qual’è il nemico numero 2 del birraio casalingo, che male non fa. Esatto, proprio lui, l’ossigeno. Ci possiamo fare ben poco: incamerato ossigeno in un qualsiasi punto del processo produttivo, una volta partita la fermentazione, ce lo dobbiamo tenere. Esso andrà ad appiattire, rovinare e bistrattare la nostra birra. In un precedente articolo abbiamo parlato di ossigeno in bottiglia, il più letale. Qui l’abbiamo distinto, per farla breve, in due: quello disciolto e quello presente sul collo della bottiglia, detto ossigeno di testa.
Entrambi rovinano la birra ma durante l’imbottigliamento solamente su uno di essi possiamo intervenire, poco prima di tappare: l’ossigeno di testa.
Lo spazio di testa
Imbottigliando sia in contropressione che in isobarico ci sarà un punto in cui la birra in bottiglia verrà inevitabilmente esposta ad aria, intemperie e al crudo mondo là fuori: nel passaggio da becco di imbottigliamento a tappatrice. Desaturando il tutto per poter mettere il tappo sopra alla bottiglia, l’aria andrà inevitabilmente ad occupare il collo.
Per minimizzarne la quantità, le bottiglie andrebbero innanzitutto riempite il più possibile, cioè fino alla cima. Una volta tolto il becco si andrà comunque a creare spazio che richiama aria e, da lì, ossigeno.
Essa andrebbe poi fatta uscire dal collo. Come? Tappando sulla schiuma. Perché? Perché se la birra fa schiuma vuol dire che l’anidride carbonica disciolta in essa sta fuoriuscendo dalla bottiglia in maniera leggermente tumultuosa, spingendo così via persino aria ed ossigeno. Tale pratica viene chiamata Jetting o Foaming.
Io ne capì il funzionamento due anni fa su Instagram seguendo Hammer. In un brevissimo video (se non ricordo male una storia) il birrificio mostrava come riempissero le bottiglie. Verso la fine la mia attenzione fu catturata da una cosa insolita: tappavano sulla schiuma. Confrontandomi con altri homebrewers e poi con Luca Cottini capì il perché. Nel video sopra linkato, precisamente al minuto 28.00, Luca spiega cosa sia e come funzioni il jetting, cioè ciò che qui sopra è stato sinteticamente detto.
Come fare Jetting
Esistono principalmente tre soluzioni utilizzate in ambito casalingo, due proprie, una impropria.
Partiamo dall’ultima, che non necessita di strumentazione ulteriore. Questo metodo è improprio in quanto scientificamente poco accurato e pressoché inutile. Se non doveste avere la possibilità di fare un Jetting vero e proprio, tuttavia, è sempre meglio che niente.
Una volta estratta la bottiglia dall’imbottigliatrice è necessario sbattere con delicatezza il fondo contro il tavolo o su una superficie rigida. Ciò favorirà la risalita della Co2 dalla birra e dunque la fuoriuscita di una minima parte di ossigeno di testa. Il vetro della bottiglia non deve però essere di quelli estremamente delicati, per non rischiare rotture. Discorso a parte andrebbe fatto invece, sempre per lo stesso motivo, su una pratica fortunatamente poco diffusa: quella del “colpettino” con una chiave inglese o qualcosa di simile sulla bottiglia. Non fatelo.
Per far schiumare la birra in maniera più efficace e far dunque jetting vero e proprio o, meglio, foaming si utilizzano due alternative. La prima è a getto (e di qui l’etimo), la seconda ad ultrasuoni.
Per quanto riguarda il jetting propriamente detto esistono due alternative: ad acqua calda o a gas. Entrambe le soluzioni agiscono dall’alto unicamente sulla birra presente nel collo.
La prima è prerogativa di molti birrifici e consiste nel far schiumare a causa della differenza di temperatura tra acqua e cervogia. La seconda, leggermente meno efficace ma più praticabile in casa, viene fatta iniettando anidride carbonica a bassa pressione (solitamente 0.1/0.2 bar). Una siringa sterile, un ago e via discorrendo opportunamente collegate alla line gas assolvono al compito egregiamente. Dato che, indipendentemente dalla soluzione utilizzata, un corpo esterno verrà a contatto con la birra è importante avere un occhio di riguardo alla sanificazione dell’attrezzatura o alla sterilità dell’acqua (solitamente microfiltrata).
Una soluzione altrettanto valida e sicuramente più igienica è agire sul fondo della bottiglia dall’esterno. Impiegando uno schiumatore ad ultrasuoni (di quelli che alcuni utilizzano per creare un bel cappello di schiuma sul bicchiere), si riesce a creare una turbolenza che, risalendo dal basso, spingerà fuori tutta l’aria. La velocità del processo è in questo caso essenziale, perché lo stimolo può essere considerevole. In caso utilizziate lo schiumatoio, mi raccomando di riempirlo d’acqua fino a dove indicato: a secco non funziona.
Per oggi è tutto. Come sempre rimango a disposizione per dubbi o chiarimenti.