Prometeo, Vienna Lager
Quando produssi per la prima volta questo stile, lo feci in concomitanza con la prima cotta in BIAB nel mio birrificio (qui potete trovare un resoconto). Di Vienna Lager fatte bene in Italia come all’estero non se ne trovano molte. Veramente poco mi è capitato di bere qualcosa di valido in stile, forse a causa della sua forza tenue, del suo esulare dalla classica “birra bionda a bassa fermentazione” così come per la piega che la storia brassicola a livello mondiale ha preso.
Dato il mio amore per il malto in tutte le sue sfumature e la passione per birre che con garbo si fanno strada nel bicchiere senza urlarci dentro, perché non provare dunque a lanciarmi nuovamente in una mia interpretazione dello stile?
Versione 1.0: gli albori
Vi ho già fornito il link per andare a pescare la ricetta. Del risultato tuttavia non ve ne ho parlato. Era passabile. Come ho già avuto modo di accennare, era anche leggermente acida. Di infezione non se ne parla e, credetemi, non era quel genere di acido che certi homebrewers definiscono come “giusto un pochetto” per poi avvelenarvi a tradimento con la loro versione casalinga di acido lattico puro al 100%. Allora che può essere stato? Non ne sono sicuro, ma le variabili erano talmente tante in fase di prima cotta che ho smesso di preoccuparmi. Eliminati i difetti, rimaneva una birra che aveva una base di partenza buona ma doveva emergere sicuramente sul malto. Dalla bevuta si poteva intuire la pulizia del lievito lager, un vago tocco di miele, uno di caramello e un biscottato che in fondo stonava un po’. Perciò per la versione 2.0 mi sono concentrato molto sui fermentabili per lasciare il resto, con i dovuti minimi aggiustamenti, così come stava.
La ricetta 2.0
- Nome: Prometeo
- Stile: Vienna Lager
- Metodo: BIAB
- OG: 1049
- FG: 1012
- ABV: 4,9%
- IBU: 24
- EBC: 20
Il grist ha visto l’utilizzo di vienna per i tre quarti del malto. Ovviamente stiamo parlando di un prodotto tedesco, così come lo è il Pilsner usato per tagliarlo assieme ad un tocco di crystal a basso EBC per aggiustare il colore e dare una rotondità di caramello, molto in secondo piano rispetto al carattere elegante del buon malto Vienna. Il biscuit questa volta è stato ridotto fino all’osso per evitare che le sue componenti un tantino invadenti interferissero col resto.
Come luppolo ho abbandonato il saaz in favore di una minore quantità di magnum, unicamente da amaro, per raggiungere quel minimo di IBU richiesti dallo stile e bilanciare la dolcezza della componente maltata. So che c’è chi utilizza anche il luppolo in sapore, ma non avevo questa idea in testa.
Il lievito è questa volta il collaudassimo W34/70, pulito e affidabile. A voler trovare il pelo nell’uovo potrei dire che in alcune birre riesco a percepire una lievissima componente sulfurea ma non saprei dire quanto di ciò venga influenzato da una mia non perfetta gestione o dalla scelta di un determinato malto piuttosto che un altro.
La fermentazione è filata liscia a 11°C fino a circa la metà o poco più dell’attenuazione, dopodiché ho trasferito il tutto in keg, inserito la valvola di spunding e proceduto ad un innalzamento graduale di temperatura fino alla pausa per il diacetile. La lagherizzazione è stata di una sola settimana in quanto dovevo liberare al più presto la camera di fermentazione e ciò ha, ahimè, influito sulla limpidezza finale.
Il risultato
All’aspetto non c’è male. Il colore è azzeccato, la schiuma anche: mediamente persistente e dalla trama medio-fine. Quello che mi ha lasciato un po’ deluso è la limpidezza, non troppo accentuata ma tutto sommato non male. Peccato, con un periodo più lungo al freddo avrei potuto dare di più.
A naso è piacevolmente mielata, il carattere che colpisce maggiormente. Si percepisce pure una lieve crosta di pane, un pelo di biscotto e un non meglio definito “maltato”. Il carattere pulito del lievito lager emerge bene… o meglio, “non emerge”, in linea con lo stile e il ceppo utilizzato. Soddisfatto nonostante dia sotto sotto l’impressione di essere ancora un po’ acerba.
In bocca è una birra di tutto rispetto. Ciò che è stato detto poc’anzi si ripresenta. Il caramello non è pervenuto e va bene così. Il miele viene definito meglio questa volta come un’acacia e il biscotto scompare del tutto. Sopra ogni cosa regna un panificato che a me piace molto: quello del vienna. Il sapore da luppolo è nullo. Nel complesso risulta tuttavia stucchevole e ancora leggermente acida, quell’acido rinfrescante presente in certe keller tedesche.
In poche parole questa volta sono quasi del tutto soddisfatto. Per la prossima, piuttosto che cambiare malti e percentuali, mi concentrerei maggiormente sul rapporto BU:GU, magari abbassando di un grado la temperatura di ammostamento per dare un po’ più secchezza e una lieve carezza amara al finale allo scopo di equilibrare la bevuta. Ma stiamo sempre parlando di piccolezze.
Alla vostra!